Susanna Trossero

scrittrice

Lame e affini. Altra intervista all’autrice

on 8 Novembre 2008


Parlaci un po’ di te.
Sono Susanna, sono sarda e vivo a Roma da poco meno di due anni. Questa meravigliosa città mi sta trattando bene, anche se per chi ha sempre vissuto in un piccolo centro e respirato il mare d’estate e d’inverno, non è facile adattarsi. Devo dire però che, da alcuni anni, ho scoperto in me una natura nomade che mi facilita le cose! Ogni volta che posso farlo, viaggio e non importa dove, l’importante è muoversi alla scoperta del nuovo o del “diverso”, apre la mente e ci nutre di vita.

Amo scrivere, trovo la scrittura liberatoria e terapeutica; in diversi momenti della mia vita mi è stata di grande aiuto, in altri fonte di gioia, ma mai mi ha lasciata indifferente. Sono anche una gran lettrice e mi ammalia addirittura l’odore, dei libri. Se mai vi capitasse di cercarmi in una libreria, sarò quella che ne apre alcuni a caso e li annusa chiudendo gli occhi!


Perché scrivi?
Scrivo per liberare un pensiero, un’idea, un qualcosa di astratto che da un momento all’altro, senza preavviso, mi scalpita dentro privo di ordine o logica, e che una volta fuori prende vita quasi autonomamente. I miei personaggi all’improvviso sono vivi davanti a me e, a volte, ho quasi l’impressione che si raccontino da soli! Per me la scrittura è un viaggio, una partenza senza mèta verso luoghi sconosciuti anche a me stessa. Ogni passo, ogni riga, è una scoperta, ma non esiste un limite o un freno, posso andare ovunque. E, come ho detto, io amo viaggiare.


Quando hai iniziato a scrivere?
Avevo sei anni e già raccontavo sulla carta delle storie che la mia maestra, divertita, leggeva alle colleghe. Storie di castelli stregati, vampiri, fantasmi! Ricordo che, alle superiori invece, ascoltavo attentamente gli sfoghi delle amiche deluse da questo o quello, le loro crisi esistenziali o le loro prime delusioni, e una volta tornata a casa scrivevo tutto sotto forma di breve racconto; spaccati di vita altrui che mi affascinavano e che in segreto facevo miei.

Scrivo da sempre, perché da sempre quando vedo un foglio bianco, qualcosa dentro mi si accende e devo “sporcarlo” anche solo con un pensiero. Così, ad oggi, mi ritrovo con la casa piena di taccuini stracolmi di note e appunti all’apparenza disordinati, ma per me di grande utilità e valore.


Parlaci del tuo libro Lame & Affini
Questo è un libro che “sento” in modo particolare, perché racchiude in sé qualcosa che mi affascina da sempre: l’animo umano. È un libro che parla di sentimenti forti dentro uomini deboli, di ossessioni o d’Amore, di verità e menzogne, della grande forza insita in ogni debolezza. Un filosofo ha detto che “nessun uomo sceglie il male perché è il male, lo scambia solo per la felicità, per il bene che sta cercando”. Naturalmente mi dissocio dal termine male inteso come peccato, ma concordo pienamente con il concetto del filosofo. In Lame & affini, ho tentato di raccontare questa ricerca di felicità e i tormenti che a volte ne conseguono, mettendo in primo piano ciò che spesso ci spinge in direzioni vivamente sconsigliare dalla parte razionale: il subdolo erotismo che danza ammaliatore anche tra le piccole cose quotidiane, e ci porta per mano laddove l’attrazione – verso persone o situazioni – ha la meglio su tutto.


Quali sono le tue letture preferite?
Spazio molto tra due generi differenti, ovvero il thriller (Stephen King, Koontz, Patricia Cornwell ecc.) e i romanzi in cui la passione ti conduce verso l’autodistruzione (Follia di Mc Grath, Le relazioni pericolose di De Laclos, Il peccato di Hart). Adesso sto leggendo un libro che trovo originale e inquietante, sospeso tra realtà, fantasia e soprannaturale: Il grande Bagarozy di Helmut Krausser.


Un libro da leggere.
La noia di Moravia. Dettagliata e cruda descrizione delle vulnerabilità umane, reale e cattiva nella sua mancanza di fronzoli o ipocrisie. Un libro che ti trascina verso scomode introspezioni.


Un libro da non leggere.
Il male oscuro di Giuseppe Berto. Ma vorrei fosse chiara la motivazione, perché non discuto di certo la grande abilità narrativa di un grande scrittore come lui, ma per me la punteggiatura è fondamentale: posso parlare a ruota libera o ascoltare chi lo fa senza neppure prendere fiato, ma non leggere senza le giuste pause facilitate da una virgola, un punto… piccoli segni dal grande significato che lui ha quasi completamente abolito a favore di interminabili periodi, levandomi totalmente il piacere della lettura. Ed è un peccato, perché il romanzo è davvero bello.

da GraphoMania


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2 Responses to “Lame e affini. Altra intervista all’autrice”

  1. Libri Sardi ha detto:

    Buonasera, perchè non viene a trovarci nel nostro forum per parlarci del suo libro? http://www.gentedisardegna.it

  2. Libri Sardi ha detto:

    Buonasera, perchè non viene a trovarci nel nostro forum http://www.gentedisardegna.it per parlarci del suo libro?

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