Susanna Trossero

scrittrice

L’educazione

on 12 Febbraio 2011


La fiducia nella bontà altrui è una notevole testimonianza della propria bontà.
Michel De Montaigne
Ciao a tutti, siete pronti per il carnevale? Un po’ di coriandoli sul cuore fanno sempre bene, e se indosserete costumi originali o strani, mandate delle foto e le metterò tutte insieme qui sul blog, vi va?
Di che parliamo oggi? Vediamo…
Ricevo da tempo numerose mail di vario genere, alcune che rivelano quanto sia più facile aprirsi con una sconosciuta e confidarle difficoltà e problemi, altre in cui mi si chiedono consigli sulla scrittura, come in quella di alcuni giorni fa, rimastami particolarmente impressa. A dire il vero, la mail in questione esordiva con un secco e perentorio: “Ti invio un mio racconto. Leggilo e dimmi cosa ne pensi. Ciao”. Il tutto proveniva da un perfetto sconosciuto: un ordine senza presentazioni né “perdite di tempo”. Perché per taluni, l’educazione è una perdita di tempo.
E così mi sono ritrovata a riflettere proprio su questo: l’educazione. Non intesa come quella antiquata forma che rende pomposamente cordiali, complimentosi e un tantino eccessivi, no. Parlo di quella forma (che dovrebbe essere un fatto spontaneo e naturale) indissolubilmente legata al rispetto per gli altri, al buon gusto nell’approccio, alla cortesia nei rapporti con il prossimo e in ogni ambiente. Dovrebbe trattarsi, come ho detto, di un comportamento innato, visto che è anche ciò che dagli altri ci si aspetta. Qualcosa che conosciamo, che fa parte di noi insomma. Eppure non è così che accade, non è vero? Quante volte, la gentilezza, non è di casa nel quotidiano? E quante volte sorridere alla cassiera del bar la mattina ci costa fatica… e quante, sul lavoro, con clienti o colleghi, siamo sulla difensiva certi che qualcuno si appresti ad attaccarci non appena abbassiamo la guardia? Quante altre scambiamo la cortesia di un conoscente per opportunismo? Cosa temiamo che succeda, a dar vita a uno scambio di toni gentili?

E parlo di naturalezza, non di atteggiamenti artefatti…

A provarci, si scopre che è anche il nostro modo di porci (e non di imporci), a dar vita a metaforiche strette di mano. Quelle che rendono la giornata migliore e ci fanno tornare a casa con il sorriso. Che ne pensate?


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