Susanna Trossero

scrittrice

Notte prima degli esami

Cari vecchi compagni di scuola, ricordo bene quel giugno lontano che porto nel cuore ancora oggi: i pomeriggi sui libri o quelli in cui ci dicevamo “c’è tempo” e scappavamo sulle spiagge ancora deserte, a costruire castelli fatti di desideri passeggeri ma che allora consideravamo vitali.

Lo ricordo quel giugno, il tempo delle ciliege e dell’ansia dettata dal cambiamento imminente: ragazzi che si apprestavano a diventare uomini e donne, la fine di qualcosa che ci apparteneva e che credevamo eterno, l’inizio di un futuro sconosciuto che ci avrebbe cambiati modificando anche il quotidiano.

La ricordo, la notte prima degli esami, quando ancora non sapevo che il tempo delle scuole superiori è uno dei più belli della vita, e volevo dell’altro. Quella notte insonne aveva un senso che al tempo non conoscevo e che in tanti abbiamo sprecato nel pensiero dell’esame stesso. In realtà, era un preludio, una porta spalancata su infinite possibilità che neppure sapevamo di poter cogliere…

Ne sono scaturiti errori di valutazione, scelte sbagliate o non scelte addirittura, ma anche passi importanti nella giusta direzione. Ognuno di noi, miei cari compagni di scuola, ha preso la sua strada dal mattino dopo, senza neppure avvedersene perché si trattava di un piccolo passo verso il futuro… Ma sono i piccoli passi che, uno dopo l’altro, ci fanno percorrere grandi distanze.

“Ogni giorno, quello che scegli, quello che pensi e quello che fai è ciò che diventi”, ha detto Eraclito, e fu questo che cominciò ad accadere quella lontana notte prima degli esami.

Siete la foto ricordo che non abbiamo mai scattato, ma che mi porto nel cuore e che guardo ogni volta che sento uno studente dire che il tempo della scuola è eterno e non ne può più.

Sarebbe stato bello, invece, che fosse durato ancora, ancora un poco, un poco di più.

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Trabocchetti e piacevoli sorprese

I narratori seriali

Per molti ancora la scuola non è terminata: gli insegnanti raggiungono le aule oramai accaldati, la mente già altrove orientata verso il desiderio/necessità di riposo, mentre gli alunni si affannano a recuperare qualche insufficienza o si preparano agli esami dell’ultimo anno.

Noi della Fo.ri.fo invece abbiamo terminato il nostro lavoro. Il saggio di fine anno ha visto i miei Narratori Seriali alle prese con la lettura dei loro racconti in pubblico, ed è stato bellissimo condividere insieme piacere ed emozione, applausi e piccole grandi soddisfazioni. Una classe bellissima, un gruppo “variopinto” che non solo ha dimostrato determinazione e passione, ma che tanto mi ha dato dal punto di vista umano. Abbiamo riso, lavorato, scherzato, condiviso ben otto mesi, addentrandoci totalmente in un terreno denso di trabocchetti e piacevoli sorprese; questo e tanto altro è la scrittura, adesso anche voi lo sapete.

Al saggio mancava il nostro lupo di mare, Damiano Siragusa, e per uno scherzo della tecnologia che tanto ama, lo scritto da me letto al suo posto non ha avuto audio nel video che i suoi colleghi scrittori hanno girato. Per questo, e su loro richiesta, mi pare giusto e bello postarlo qui, augurando a lui buon vento e a tutti voi Narratori Seriali buon lavoro, visto il progetto ambizioso che avete deciso di portare avanti, e che di certo non svelerò neppure sotto tortura!

Damiano Siragusa – Al mare

Affiderò i miei occhi e il mio cuore alla prora tagliente
che insieme fendano il mare e avanzino sicuri
“sull’agitato dorso della morte”. (*)
Lascerò che il vento tocchi il mio viso,
accarezzi la fronte con mani invisibili,
sciolga le rughe e cancelli i miei anni.
Sentirò il calore del sole, il sale del mare,
le gocce di pioggia senza riparo,
nell’immenso, solitario, temuto e cercato,
padre di ogni orizzonte o prossimo abisso.
Mirerò il cielo stellato
che rende chiara la notte,
ogni astro un ricordo lontano,
ogni alba il sonno di un mago
che solo di notte si sveglia e agisce.
E allora, solo allora, chiederò…
A te che mi hai lasciato partire
a te che mi lasci avanzare
a te che mandi i delfini a salutare la mia rotta
a te che mandi l’albatro a indicare la prossima terra…
A te, a te chiedo di essere clemente e perdonare i miei errori
a te chiedo di lasciarmi tornare
a te chiedo di ridarmi il sorriso di chi mi ha salutato
a te chiedo di riportarmi a quegli occhi che tutto mi sanno.
A te, chiedo che lieve sia la prossima onda
e mi porti un altro respiro.

(*) da “La scia della balena” di F. Coloane

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