Susanna Trossero

scrittrice

Quando una vita non basta

vistarini

Sette anni di incontri e di libri presentati, di volti sconosciuti o familiari, di parole a raccontare dei perché e “per come” di questa o di quella storia, ma la domanda si ripete spesso e rivela una comune perplessità: “Come fai a raccontare ciò che non conosci?”

E non importa da chi è formulata, giacché l’ho risentita anche ieri, ad una presentazione non mia; Carla Vistarini, che – tra le tante cose che hanno lasciato il segno – ha scritto canzoni indimenticabili e un’infinità di testi per trasmissioni televisive di successo, parlava ieri del suo romanzo appena nato Se ho paura prendimi per mano (edizioni Corbaccio), a un pubblico curioso e attento del quale facevo parte, quando la signora Rita Dalla Chiesa le ha posto con autentico stupore e ammirazione, la medesima domanda, ovvero come fai a scrivere di cose che non hai vissuto, che non conosci.

La risposta è stata tra le migliori da me udite: “Io amo la gente, la osservo, la ascolto…”

Quanto avrei voluto alzarmi in piedi per associarmi a quella risposta! Se non ti guardi attorno, se non osservi, se non ascolti, se non vivi ciò che attorno a te vive, e soprattutto se non cerchi di immedesimarti nel punto di vista altrui e di sospendere il giudizio, non puoi dar vita a personaggi che divengano persone.

In agosto, un’attempata signora mi ha domandato con tono quasi risentito come io abbia fatto a scrivere Adele dando voce a dubbi, crisi esistenziali e intime paure dell’anziana protagonista.

“Sei molto più giovane di me – ha insistito – come puoi conoscere certe cose, se ancora devi viverle?”

Forse è un dono, il provare empatia per ogni essere umano, forse è un dono l’avere fantasia o forse lo è il far proprie le storie che ci passano accanto, il non ignorarle, non so. Io, nei miei racconti o romanzi, sono stata la voce narrante di uomini e donne, di adulti e bambini, di assassini o di persone capaci di provare un odio feroce, di altre con turbe terribili o di un angelo dall’anima pura… Sono stata la vittima di un sequestro o la voce di chi vende il proprio corpo, un barbone o una vedova, e sono stata madre, sebbene io madre non sia. “Nasciamo tutti genitori – ha detto ieri la signora Vistarini – e non importa se lo diventiamo o no, lo siamo comunque”.

Scrivere è vivere un’infinità di vite, nel bene e nel male, è non fermarsi mai alle apparenze, è non stupirsi di nulla, è cercare sempre e comunque di comprendere le azioni o reazioni altrui anche quando non ci appartengono, o quando non le condividiamo.

Scrivere non è per chi galleggia indolente sull’acqua senza porsi domande: è per chi osa trattenere il fiato per raggiungere il fondo, desideroso di scoprire che cosa si nasconde tra la sabbia o le rocce sommerse…

E adesso vi lascio, devo leggere il romanzo di Carla Vistarini!

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Leggere per cambiare

Leggere per cambiare

In una delle tante presentazioni dei miei libri, mi è stata fatta una domanda: “Ritieni la parola scritta, sia essa poesia sia essa prosa sia essa in varia altra forma, una strada per sperare in un mondo migliore e più vivibile?”

Mi piacerebbe sentire la vostra in merito, ma per quanto mi riguarda la risposta può essere una sola: assolutamente sì. La lettura non è solo evasione, piacere o studio, la lettura è strumento per comprendere, per esercitare il nostro spirito critico, per sviluppare la fantasia. Apre la mente, fa scoprire la diversità e con questa fornisce strumenti per scegliere; è conoscenza, è porsi domande, è cercare risposte. Se può contribuire a renderci migliori aprendo la nostra mente, come può non indurci a sperare che migliorando noi stessi migliorerà anche il mondo in cui vi viviamo? Non siamo forse noi, questo mondo? Si dovrebbe cominciare dapprima come genitori: fin troppo spesso dimentichiamo che se è a scuola che si impara a leggere, l’amore per la lettura lo si impara in famiglia. Sono convinta che prima di pretendere tutto dalla scuola, bisognerebbe ricordare che grandi amanti della lettura e delle storie erano i nostri figli quando, alla sera, ascoltando le favole lette per loro dagli adulti chiedevano ancora e ancora. Quando li vediamo arrivare alle scuole elementari, noi “adulti” pensiamo che da quel momento saranno dei lettori autonomi, o al massimo deleghiamo gli insegnati a mantener viva quella loro sete. Spesso però, i ragazzini dimenticano il piacere del libro a causa dell’inevitabile obbligo scolastico: la lettura è un compito, un esercizio, una imposizione, non più un momento di curiosità o condivisione. Poi, arrivati a casa, c’è la tv, c’è il pc.

Non facciamo dimenticare ai nostri ragazzi che cosa ha da offrire una storia scritta, saranno loro il mondo di domani. Il gusto di parlare di un libro, di discuterne insieme a casa, di parteggiare o simpatizzare per dei personaggi (storici o di fantasia), di distruggere o esaltare un autore, di leggere per poi parlare di ciò che si legge, li formerà tantissimo. Facciamogli conoscere gli autori dei libri che preferiscono – quando possibile – accompagnandoli alle presentazioni o agli eventi, consigliamogli un libro da cui è stato tratto un film che hanno apprezzato, perché possano cogliere le differenze e discuterne con noi.

Ogni grande cambiamento deve partire da cambiamenti più piccoli ma significativi, e restituire in famiglia il piacere smarrito della lettura ai nostri ragazzi, è un passo fondamentale che in molti stanno sottovalutando.

Vi aspetto per sentire altri punti di vista e vi auguro una buona domenica di sole!

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