Susanna Trossero

scrittrice

Le parole giuste

Parole… Parole che fluttuano nell’aria, scaturite da tutto ciò che circonda ognuno di noi e spesso ignorate, calpestate, derise, sottovalutate.

Parole che scavano in profondità, o proseguono il loro cammino verso chissà quali lidi, lasciandocene sprovvisti. Parole sfuggite di mano, preziose, o sfuggite di bocca, pericolose.

Affascinata ogni giorno da quelle ascoltate, lette, dette o pensate, ne riverso sempre sulla carta con una penna che mi è cara, sperando siano il preludio di qualcosa: una storia, forse. A volte ne bastano così poche, per mettere in moto tanto!

Non vi siete mai innamorati, di una frase, di un pensiero, dell’esternazione di una riflessione vostra o di altri?

Io sì, e perchè accada è sufficiente ascoltare, ascoltarsi, lasciarsi andare a qualcosa che diviene subito consistenza, che prende forma concreta in una specie di ricamo letterario. O che elargisce buon cibo per l’anima, sia esso donato sotto forma di carezza o cicatrice.

Da tempo, ho tante storie in testa che cominciano a vivere di vita propria: ci sono dei momenti, per chi scrive, in cui i personaggi pullulano e scalpitano per esser raccontati, così come ve ne sono altri in cui il foglio bianco è buco nero.

Al momento, conclusa una raccolta di racconti e un romanzo, mille idee si affollano nel mio quotidiano in un caos in cui mettere ordine al momento non è necessario. Perché è in questo marasma di parole, che si trovano quelle giuste per rimettersi al lavoro: voglio dar loro il tempo di emergere e cogliermi di sorpresa.

Ma, nell’attesa, voglio ringraziare tutti voi che mi scrivete in privato quando posto i miei pensieri: la vostra riservatezza fa sì che le parole a me dedicate, restino soltanto mie, preziosa testimonianza che arricchisce e tante altre storie ispira!

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Lucciole e lanterne

Lucciole e lanterne

Il tuo vetriolo, versato copiosamente in quattro righe saccenti, era finito in tutti questi anni accanto alle chiavi di una casa non più mia, all’accendino scarico, a un rossetto scaduto e alla lista della spesa, contenuto totale di una borsetta passata di moda dimenticata dentro un armadio.

Ripenso alla nostra amicizia, alle nostre risate e complicità, alle uscite a quattro dopo i rispettivi matrimoni, alle gite fuori porta, alle cene, ai compleanni… Complici indivisibili, una vita vissuta l’una all’interno dell’altra, come il liquido in un bicchiere.

Poi, tutto è cambiato. L’aria si era fatta irrespirabile, pregna di occhi sfuggenti, di assenze improvvise, scuse inventate lì per lì. Ti sottraevi a me e rifiutavi di ammetterlo, insultando la mia intelligenza. E, dopo poco, l’inevitabile scontro.

Altri tempi, tempi in cui accusavo te di doppiezza, lui di tradimento, oramai conscia che fossero doppiezza e tradimento la nuova alleanza. Tu, e lui. Tempi in cui piangevo quando gli sentivo addosso il profumo di casa tua, così inconfondibile, a me familiare, mentre rincasava dicendo d’essere stato in ufficio.

Oggi sono qui, sola, con la borsa dalla cui bocca spalancata viene fuori qualcosa che mi restituisce l’esatta dimensione della mia ingenuità; riconosco il foglio ripiegato così come si riconoscerebbe per sempre il coltello che ci ha quasi dissanguati.

Come dimenticare? Me lo lasciasti allora, sul vetro della macchina, quando non volevo più parlarti dopo aver cacciato di casa il mio uomo. Un foglio ripiegato, solo questo, dove mi scrivesti:

Quando punti un dito alla luna,
per indicare la luna,
invece della luna
gli stupidi guardano il dito.

Una citazione, nient’altro. E io continuai a non capire, a sentirmi derisa. Mi si stava dando della sciocca: perché? Perché infierire? Che cosa avrei dovuto vedere, oltre al mio naso? Quella citazione, riportata sulla carta dalla tua mano, mi tenne compagnia a lungo nel tempo della rabbia.

Poi, più tardi, furono tempi della verità e delle scuse che ti dovevo.

Tempi in cui il tuo uomo e il mio, alleanza che mai avevo previsto, andarono altrove a sudare insieme sotto le stesse lenzuola.

(un mio racconto breve)

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L’eros: una lama o una carezza?

lame e affini copertinaIn occasione della pubblicazione della mia raccolta di racconti intitolata Lame & affini (Graphe.it – anno 2008), in più interviste mi fu domandato cosa fosse per me l’eros. Il filo conduttore della raccolta era, in effetti, il tormento delle attrazioni scomode, la ragione che arriva sempre un attimo in ritardo, il subdolo erotismo che danza ammaliatore anche tra le piccole cose quotidiane, e ci porta per mano là dove l’attrazione – verso persone o situazioni – ha la meglio su tutto. Posso dire con grande gioia che – benché siano passati ben cinque anni dalla sua pubblicazione – il libro ancora viene acquistato e apprezzato da voi lettori, segno evidente che l’argomento non lascia indifferenti.

Ma che cos’è, in definitiva, l’eros?

Al di là delle modifiche che il concetto di Eros ha subìto da quello greco ad oggi, io ne possiedo uno mio del tutto personale, secondo il quale l’eros siamo noi, è il nostro personale e profondo modo di guardare e di sentire, è la nostra immaginazione che amplifica o rifiuta messaggi altrui, è la fantasia. E, per fortuna, non è strettamente legato a severi e fuorvianti canoni estetici, né a schemi superficiali. È qualcosa di così meravigliosamente astratto e soggettivo, di così legato alle nostre personali percezioni, che trovo limitante cercare una sola parola per definirlo. Spesso scaturisce da una mescolanza di sensazioni, di passato da cui attingere o di presente tutto da vivere, per cui trovi l’eros nella forza di un ricordo o di una immagine del presente che niente ha di esplicito… basta una impercettibile sfumatura a trasformare il niente in qualcosa di accattivante. Credo che  tragga la sua forza proprio dal fatto che va a stimolare l’immaginazione attraverso un qualcosa di vago a cui è la mente a dar voce e connotati…

Sì, ne sono convinta: l’eros siamo noi e, astratto o no, questo venticello irriverente può trasformarsi con la stessa facilità in una fortuna o in una condanna.

Lo sanno bene i protagonisti del mio “Lame e affini” e lo sanno coloro che in privato mi scrivono raccontandomi le impressioni ricavate dai singoli racconti della raccolta. Ma voi, voi che state adesso leggendo questo mio post, che pensate di questo “venticello”  in grado di travolgerci come uno Tsunami?

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