Susanna Trossero

scrittrice

Che cosa succede alla parola “fine”?

on 18 Marzo 2015

la parola fine

È davvero soltanto un fatto privato, leggere? È solo intimità, momento di distacco tra noi e il mondo, separazione da situazioni e circostanze, silenzio e desiderio di isolamento?

Sì forse lo è nel momento in cui le pagine scorrono sotto i nostri occhi, regalandoci una storia da noi non vissuta che tuttavia innesca nella realtà nuove vite da vivere, da desiderare o da temere, parole di cui appropriarsi o paesaggi da visitare, affamati di nuovo ma eternamente aggrappati al noto, al consueto. Ma… che cosa succede alla parola “fine”?

Nel percorso dei libri che leggiamo, ritroviamo qualcosa di noi stessi, infatti nella scelta delle nostre letture affiorano pezzi della nostra personalità, del nostro carattere, ma non solo: se un libro ci piace particolarmente, si ottiene anche l’inverso, ovvero noi diventiamo le parole che leggiamo e ne subiamo l’influenza, fino a modificare un punto di vista radicato grazie all’immersione in punti di vista differenti.

Il filosofo russo Gurdieff, ha detto che “noi diventiamo le parole che ascoltiamo”, ed è vero! Non ditemi che non vi rendete conto, quotidianamente, che le parole pronunciate – volute o sfuggite – e quelle udite o lette, lasciano in noi una traccia… Basta pensare a quanto, una frase sbagliata o una semplice parola fuori posto, possano condizionarci a tal punto da modificare il nostro umore, se non addirittura la nostra intera giornata.

E così, le letture hanno il potere di cambiare le mentalità, poiché anche la parola scritta è una forma di comunicazione che incide sulla nostra psiche.

Isolamento, distacco, fatto privato, uno staccare la spina piacevole e desiderato, ma alla parola fine è possibile che qualcosa di sottile si sia insinuato in noi, e lavori segretamente nel nostro inconscio, per giorni e giorni, lentamente.

Perché la narrativa, per quanto possa essere assurdo, è più della vita: con essa – o meglio – grazie ad essa, si approfondiscono sentimenti che solo vivendo non approfondiremmo mai; si vivono situazioni che fino al giorno prima ci erano sconosciute; si scoprono reazioni, emozioni, punti di vista. E ci si lascia andare a realtà che abitualmente teniamo a distanza, permettendo che lo scrittore ci spezzi il cuore a suo piacimento, ci disgusti, ci spaventi, ci innervosisca o… ci faccia innamorare, magari del cattivo!

Il racconto è una gita, il romanzo un viaggio, ma vale sempre la pena di partire verso una meta che la letteratura ha il potere di farci raggiungere: una più ampia conoscenza di noi stessi.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.