Susanna Trossero con Lame & Affini inizia a far parte della collana Afrodite edita da Graphe.it. Un libro che consiglio, per la struttura dei racconti ben definiti e molto curati, un testo da leggere con calma, un racconto alla volta per lasciarsi lentamente affascinare da una scrittura scorrevole ed affascinante. Ecco la mia intervista a Susanna.
Ciao Susanna! Parlaci di te: cosa desideri che si sappia della Susanna scrittrice?
Ciao a te Mariella! Che dire, la Susanna scrittrice non si discosta molto dalla Susanna di ogni giorno, sono un’attenta osservatrice che immagazzina anche le più piccole cose: uno sguardo, una parola, un profumo o una sensazione, le confidenze di un’amica o uno strano sogno notturno. Poi, quando mi ritrovo da sola nel silenzio della mia casa, attingo e scrivo. Dunque è come se scrivessi sempre, anche se solo dentro la mia testa e forse in modo a volte inconsapevole. Sono affascinata dalle persone, dalle loro azioni e reazioni.
Cosa pensi dell’editoria di oggi? Ti soddisfa?
Quello che non mi soddisfa è più che altro ciò che ruota attorno all’editoria e che penalizza piccole e medie case editrici. Dalla distribuzione all’attenzione degli organi di informazione, per esempio. Il monopolio è in mano ai grandi editori, e benché anche i piccoli svolgano al meglio il loro lavoro (spesso con più passione), devono faticare non poco per farsi notare e per far emergere autori di valore. Mi è capitato spesso di leggere libri bellissimi che non sono mai rientrati nel circuito della grande distribuzione e dei quali non si è parlato abbastanza, cosa di cui mi cruccio come lettrice. Il talento, ahimè, spesso non è sufficiente.
Un libro che hai amato molto
Il peccato di Josephine Hart, storia di un’invidia distruttiva nata dall’ammirazione. Odio e passione raccontati con un ritmo talmente efficace che alla parola FINE se ne vorrebbe ancora e ancora. Un libro coinvolgente che sa far vivere il tormento in chi legge. Ve ne sono altri che ho apprezzato e che consiglierei, ma l’elenco potrebbe essere lungo.
Spiegaci il titolo del tuo ultimo libro “Lame & affini”.
La lama, o tutto ciò che le assomiglia (& affini…) è tagliente, affilata, rischiosa da maneggiare, ma al tempo stesso lucente, brillante e seducente. Spesso si sottovaluta la pericolosità di un coltello ed è estremamente facile farsi male. Non è forse lo stesso con le passioni? Lame & Affini racconta proprio di questo, ovvero del potere distruttivo delle attrazioni scomode ma anche della loro malìa, e della nostra vulnerabilità davanti ad esse. D’Annunzio diceva: “La felicità di una volta non vi lasciò, se non coltelli affilati per dilaniarmi”.
Convincimi a comprare il libro, su!
È un libro per chi è intrigato dalle debolezze umane, per chi vuole “sentire” – seppur senza giudicare – il difetto d’essere di anime angosciate. Ma è anche un libro in cui respiri la malinconia di un passato che non può tornare, o di un’Amore totalizzante. Sono racconti pregni di sentimenti e d’assenza di sentimenti, dunque ora torbidi e disincantati ora teneri o maliziosi. Forse, nell’intimo, potresti trovarci qualcosa che conosci… perché non andare a scoprirlo?
Come sei arrivata alla Graphe, che iter hai seguito?
Ho partecipato al concorso letterario EroticaMente ovvero l’inebriante sapore della vita della Graphe.it Edizioni pubblicizzato su internet nel 2007, concorso che ho vinto con il racconto Senilità (e che è stato inserito anche nella raccolta Lame & affini). Ho apprezzato subito la casa editrice perché abbraccia i generi più svariati accettando ogni sfumatura dell’uomo, nobile o meno nobile. La sua apertura è davvero degna di nota, così come lo è la passione che la contraddistingue.
Che cosa provi sapendo che qualcuno leggerà il tuo libro e forse si emozionerà?
Quando un libro è finito, non è più di chi l’ha scritto: si dirige verso il suo vero proprietario, che è il lettore. Quest’ultimo ne decreterà la morte o l’immortalità e ciò provoca sensazioni contrastanti nell’autore, che attende la sentenza con emozione che ad ogni lavoro terminato si rinnova. Se la tua penna ha lasciato nelle pagine parole in grado di trasmettere un turbamento, allora hai vinto ed è una vittoria che ogni volta ti sorprende, ti gratifica, ti spinge verso altre ispirazioni, provocando empatia tra due perfetti sconosciuti: lo scrittore e il lettore.
Cosa significa per te scrivere?
In parte ciò che ho appena detto, ma anche qualcosa di più. Significa vivere tante vite, essere chiunque, volare ovunque senza limiti. Significa dar spazio alla fantasia, alla creatività che all’improvviso ti manda in trance e non c’è più nulla che puoi fare tranne scrivere, senza neppure avvederti di quanto tempo è passato da quando hai cominciato. Significa avere la netta sensazione di aver dato vita a qualcosa o a qualcuno che ad un certo punto pare cammini da solo, lasciandoti la folle percezione di scrivere sotto dettatura. Questo accade solo nelle mie storie più lunghe ed è bellissimo. In quelle brevi invece è come scappare all’improvviso da tutto per riversare sulla carta qualcosa che hai dentro e che non ne vuole più sapere di star là. È una sorta di urgenza, di bisogno impellente, che magari nasce da una frase qualunque o da un volto incontrato per caso.
Qualcosa che non ti ho chiesto…
Ho imparato a scrivere a cinque anni (i primi raccontini li ho scritti un anno dopo!) grazie all’amore di mio padre per la lettura. Mio padre, che aveva vissuto la sua infanzia in tempi e luoghi in cui se riuscivi a finire le scuole elementari era una fortuna, non conosceva errori di grammatica e scriveva correttamente qualunque cosa senza l’ausilio del vocabolario. Respirare quest’amore forse mi ha portato a provarlo io stessa, e tra i regali ricevuti a Natale o per il compleanno, c’erano sempre dei libri, accuratamente scelti in base all’età. Ecco, il mio è un invito a comprarli, i libri: per voi, per i vostri figli, per gli amici, per il vicino di casa più gentile. Perché, per ripetere una frase di Emily Dickinson, “nessun vascello c’è che, come un libro, possa portarci in contrade lontane”.
Grazie Susanna, è stato un piacere.
Grazie a te Mariella e… buona lettura!
A proposito di questo libro, un lettore si è domandato se non ci sia una dose di autobiografia in questo tipo di storie. La curiosità è lecita (quante volte me lo sono domandata anche io leggendo un libro…)e voglio rispondere in base alla mia esperienza personale. Io credo che anche quando si inventa completamente una storia vi si inseriscono cose che si conoscono: una sensazione, il ricordo di un brivido, di un dolore, un’emozione o la pura gioia. Oppure si attinge da ciò che altri ti hanno raccontato suscitandoti qualcosa dentro che non ti ha lasciato, e che hai deciso di riportare in qualche modo sulla carta. In realtà dunque, l’immaginario viene inevitabilmente condito da verità d’altri o di chi ha scritto, verità intese come turbamenti, più come astrattezze che come trama della storia stessa insomma. Almeno questo avviene in me. La fantasia è un ottimo strumento, ma lo scrittore fa spesso manutenzione del sapere anche uscendo di casa e “ascoltando” gli altri, provando empatia per una frase, per altri libri, per una poesia o “sentendo” ciò che addirittura un oggetto può trasmettere… Prima che a scrivere, si impara ad osservare!
Un saluto a tutti voi, buona lettura
Susanna