Quello che ho battezzato come “Il luogo dell’abbandono”, rivela spesso delle meravigliose sorprese; forse dovrei riconsiderarlo come zattera in grado di dare una possibilità a chi altrimenti non ne avrebbe avute più.
Mi riferisco a una vecchia panchina di legno oramai quasi marcio dove più o meno ogni giorno degli sconosciuti lasciano dei libri. Sì, proprio così: libri.
Si tratta di un modo inconsueto di disfarsene, ma almeno concede loro d’essere adottati, di trovare una nuova casa e qualcuno che li ami.
A volte si tratta di scatole piene, altre di poche copie poggiate là, altre ancora di buste della spesa che racchiudono ogni genere di titoli. Un giorno ci trovi cataste di enciclopedie, un altro ecco spuntare una rara edizione del ’49 o una storia di Geronimo Stilton! Varietà.
Ci passo davanti oramai ogni giorno davanti alla vecchia panchina, alla ricerca di tesori che mi sorprenderanno, ma ne lascio anche di miei per contraccambiare. Lo faccio perché sono certa di non essere la sola a dirigermi là in cerca di sorprese.
Il luogo dell’abbandono è quello in cui i libri che qualcuno non vuole più trovano una nuova famiglia, e chiedermi quale sia la loro storia – al di là di quella contenuta tra le pagine – mi è naturale. Tutti abbiamo un passato.
Alcuni, sebbene si tratti di vecchie pubblicazioni, non sono mai neppure stati aperti e mi viene in mente che possano rappresentare regali non graditi. Anche le storie celate dietro un genere letterario, hanno un loro fascino sebbene frutto di supposizioni: ho incontrato una marea di titoli sulla gravidanza, altrettanti sul tradimento, i manuali di giardinaggio pieni di orecchie e appunti scritti a matita, ben 6 copie della Bibbia ma ognuna in una lingua diversa… E le cartoline che fanno capolino da libri degli anni ’50, o le dediche vergate con una tale accuratezza…
Questa volta ho trovato una edizione degli anni ’60 de “L’Angelo Azzurro” (H. Mann) la cui dedica è “A te che sai sempre cogliere il bello di ogni romanzo”.
Mi piace pensare che fosse per me.