Le occupazioni quotidiane che intervengono durante le pause della lettura di un libro, ne modificano annullano o minano le impressioni. Nel racconto breve, invece, l’animo di chi legge è sotto il controllo dello scrittore. Non vi sono influssi interni o esterni derivanti da stanchezza o interruzione.
Lo ha detto Edgar Allan Poe nel 1842, parlando dell’efficacia del racconto breve e io faccio mio il suo pensiero, concordando con lui sulla bellezza del racconto. È così che ho cominciato a scrivere, è così che ho fatto “allenamento”, ed è con i racconti che ho cominciato a pubblicare o che ho vinto concorsi letterari. Il racconto breve è un lampo, uno sfogo, un flash della fantasia, ed io adoro anche leggerne; i più grandi scrittori ne hanno pubblicato di bellissimi: Conrad, Kipling, Calvino, Moravia… Nella mia libreria non mancano neppure le raccolte di Stephen King! E che dire di Carver, maestro della narrativa breve?
Certo, il racconto richiede padronanza dei mezzi espressivi e una grande abilità di costruzione, tutto avviene in poche righe o in poche pagine, tuttavia io lo trovo una sorta di fremito, una luce improvvisa che oltrepassa la ragione e le cose seppure appartenendo ad entrambe. È sufficiente una parola, un’immagine, una frase o uno sguardo, ed ecco che il racconto si fa strada nella mente ed è pronto a riversarsi sulla carta.
Molti editori (fortunatamente non la Graphe.it) trovano questa formula narrativa non vendibile, eppure mi appare assurda come considerazione: apparteniamo o no a un’epoca in cui pare sia di moda dire “Non ho più tempo per leggere”?