Susanna Trossero

scrittrice

Due chiacchiere a Ladispoli

Copie del romanzo Adele

Quando ho partecipato al laboratorio di scrittura narrativa della Rai, non molto tempo fa, ho conosciuto persone deliziose e stimolanti, con le quali mi sono ripromessa di non perdere i contatti. Facile, se davvero lo si vuole e sebbene si viva in una città così grande come Roma, che di certo non favorisce i rapporti sociali!

Da quei stimolanti quattro mesi di chiacchierate sulla parola scritta, sul narrare, sulla creatività e sulle regole da affiancare al talento, sono nate belle amicizie e anche una piacevole collaborazione che sfocerà in un evento culturale al quale spero i miei lettori romani parteciperanno: sabato 7 marzo, alle ore 18,30, alla biblioteca P. Impastato di Ladispoli (Largo Federici snc), il mio romanzo Adele (Graphe.it Edizioni) – scritto in collaborazione con lo psicosessuologo Francesco Tassiello – e il romanzo Sapore di Rosa scritto a quattro mani da Barbara Cordoni e Tiziana Battisti, si incontreranno per dar vita ad una chiacchierata sulla forza delle donne, sulla volontà di inseguire un sogno mantenendo comunque i piedi in terra, ma anche sul rispetto della diversità tra uomo e donna e sulla piena accettazione di questa per far funzionare al meglio la coppia.

Noi quattro autori ci racconteremo, ma sappiate che il nostro desiderio più grande sarà quello di suscitare i vostri interventi, di creare una vera condivisione tra chi legge e chi scrive, toccando temi che riguardano e coinvolgono tutti noi per arricchirci a vicenda. Ci è doveroso ringraziare fin da ora l’Assessore alla Cultura Francesca Di Girolamo e l’Assessore alle Politiche Sociali Roberto Ussia, che hanno patrocinato l’evento appoggiando subito il nostro progetto.

E se Barbara e Tiziana, con il loro “Sapore di Rosa” vi sproneranno a non lasciare mai niente di intentato nella vita, io e Francesco vi inviteremo a rispondere alla domanda della nostra “Adele”: mutilante è vivere in coppia o in piena e consapevole solitudine?

Vi aspettiamo!

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La bellezza del vivere

adozioni

Povera Italia di egoisti in aumento… questo dicono i dati, e ce lo dicono da tempo con tono allarmato riferendosi a un tema delicato: le adozioni in grande diminuzione. A me pare un dato poco attendibile e semplicistico, che non va a monte del problema insabbiandolo così come in Italia tanto bene si sa fare. E dunque, perché non affiancare questa considerazione sull’italiano tanto egoista a un altro dato FONDAMENTALE? Da alcuni anni si celebrano sempre meno matrimoni e, mentre il numero di questi scende vertiginosamente, altrettanto vertiginosamente sale quello delle convivenze. Famiglie gay, coppie di fatto, tutti continuano ad unirsi inseguendo il sogno della famiglia esattamente come “prima” ma le modalità per creare una famiglia cambiano e sono cambiate, non lo si può ignorare così come non si può ignorare che il concetto di famiglia, di coppia o il desiderio di avere dei figli, è sempre vivo e presente, intatto. Un desiderio profondo e intimo che poco ha a che vedere con faccende burocratiche o religiose. Tuttavia in Italia questo non è plausibile, dunque NON sono in diminuzione le coppie che vogliono adottare un bimbo, sono in aumento quelle che NON POSSONO, considerato che requisito essenziale è l’aver contratto matrimonio… e allora è questo che dovrebbe allarmarci! Sappiamo tutti che le coppie che desiderano dare una famiglia a un bambino, vengono studiate e sentite per un tempo piuttosto lungo, tempo in cui attraverso test psicologici, colloqui con assistenti sociali e altro, si valuta la stabilità della loro unione, la solidità, maturità, situazione personale ed economica. Ebbene, perché questa prassi non può essere applicata alle coppie di fatto? Cosa cambia?

In nome di cosa si moltiplica il numero dei bimbi che affollano gli istituti, colpiti dalla ferita dei non amati?

Altro dato in aumento è quello dei divorzi: a conti fatti quindi ci si sposa sempre meno ma si divorzia parecchio. E allora, per logica, per quale strana ragione la famiglia solida è quella composta da un uomo e una donna che hanno pronunciato un sì davanti a testimoni? Per quale ragione è l’unica a poter essere idonea  ad adottare un bambino? La coppia è coppia, il rischio che non funzioni è alto per tutti e la volontà e la stabilità che invece tiene uniti non è legata a canoni rigidi e irrispettosi delle scelte più intime e profonde.

Più che di egoismo, dunque, parlerei di moralismi fuori luogo, preconcetti, ottusità dilagante. Triste, un paese che resta in mano a tutto questo e che non si apre alla bellezza della vita.

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Che cos’è una famiglia?

Adele, di Susanna Trossero e Francesco Tassiello

“Che cos’è una famiglia? Un luogo inventato dalla natura per indurre a procreare e proseguire la specie? O un porto sicuro dove unire sogni, bisogni e aspirazioni di due anime distinte? Un luogo in cui divenire veramente “noi” e smettere di essere due entità separate che si incontrano ad orari stabiliti?

Cominciammo a chiedercelo. Cominciammo a chiederci chi mai fossimo, e che ci aspettassimo da questo “noi” che pensavamo di aver creato.

Che cos’è un figlio? Qualcuno che dovrà compiere tutto ciò che i genitori non sono riusciti a portare a termine? Uno scopo necessario, un completamento individuale, o il mastice di una vera unione? Esiste la coppia senza un figlio? E ancora, sopravvive la coppia ad un figlio che ne distrugge ogni intimità?

Tante erano le domande che ci ponevamo dopo pochi anni, mentre a confonderci giungevano le confidenze a bassa voce  di comuni amici… Nella segretezza delle loro case strisciava subdolo il dubbio per quella discutibile nuova identità che tutto aveva già paralizzato: il gioco, il desiderio, le affinità e i progetti.

Se non è indolore diventare genitori, quanto è doloroso il non diventarlo? E chiedendoci quale delle due realtà potesse dividerci, non ci rendemmo conto della divisione a cui già stavamo dando vita.

I tuoi quadri  divenivano assenza di colore e cupe macchie intraducibili quanto i tuoi silenzi. Ed io, lo ammetto, ripensavo alle vecchie emozioni di un tempo desiderando dell’altro un po’ più in là, oltre la porta di casa.”

Da Adele di Susanna Trossero e Francesco Tassiello, Graphe.it edizioni

 

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Esiste l’anima gemella?

In un vecchio numero della rivista Alter Ego che ieri ho ritrovato tra le mie cose, mi sono imbattuta su un articolo che ho riletto con piacere e che, attraverso l’ottica di antichi miti, tocca il tema dell’Amore.

L’articolo spiega che il nostro concetto di Amore, è influenzato dal mito dell’Androgino narrato nel simposio di Platone.

Secondo questo mito, in origine esistevano degli esseri che erano per metà uomo e per metà donna, con un’unica testa ma con due volti, quattro mani e quattro gambe. Questi esseri si rivelarono ben presto arroganti e privi di umiltà e modestia, così Zeus – per punirli di tali difetti e per aver solo immaginato di poter scalare l’Olimpo – li privò della forza tagliandoli in due metà, una maschile e l’altra femminile.

Da allora, ciascuna metà vaga alla ricerca della metà perduta per ricostruire l’unità, ovvero per ritrovare quella che definiamo la mezza mela.

Tuttavia, secondo la fine della storia, quando finalmente le due metà si ritrovano, si riconoscono e quindi si riuniscono, sono destinate a morire di fame per il desiderio di fondersi l’una con l’altra.

L’articolo si conclude esortandoci a mantenere sempre la nostra individualità anche in coppia, e a spingere l’altra metà a fare altrettanto, perché nella realtà – e al di là di ogni mito – ognuno di noi dovrebbe considerarsi come un essere completo che, piuttosto che completarsi attraverso un’altra persona, dovrebbe cercare con l’altro la propria realizzazione e la felicità.

Che ne pensate? Certo è che se l’uno non fosse per l’altro un elemento fondamentale per raggiungere la felicità e l’autostima (mi amo perché un altro mi ama), tutto funzionerebbe meglio. L’individuo appagato da se stesso, ovvero colui che si apprezza ed è conscio del suo valore, indulgente con i propri difetti, e rispettoso dei suoi spazi e di quelli altrui, ha il giusto equilibrio per vivere in coppia e rendere felice chi sta con lui. Ma… noi non vediamo le cose come sono, le vediamo come siamo noi, e dunque siamo influenzati da insicurezze, vulnerabilità, educazione, desideri mai realizzati o delusioni passate… Siamo dunque destinati a morire di fame?

Marcia Grad ha detto che “una persona ne ama un’altra nello stesso modo in cui ama se stessa: con tenerezza e accettazione o con intransigenza e rifiuto”.

Avete voglia di dire la vostra in proposito? Vi aspetto, come sempre

Susanna

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